Università Cattolica del Sacro Cuore

Il talismano della Balena Bianca

LA MONETA D'ORO: ASPETTI ECONOMICI, TECNICI E SIMBOLICI
Autore: Claudia Perassi
 

Le riflessioni dedicate da Plinio il Vecchio alla natura dell'oro (Nat. Hist. XXXIII, 58-63), pur in parte basate su osservazioni erronee, testimoniano, però, quanto sia antico l'interrogarsi dell'uomo sull'apprezzamento particolare di cui gode questo metallo. Brillantezza, colore simile a quello del Sole, malleabilità, inalterabilità, rarità: queste caratteristiche hanno reso l'oro portatore di significati metaforici, che possiamo rincorrere nelle diverse epoche e civiltà.

E la moneta prodotta con l'oro eredita questa forza allegorica, assurgendo a simbolo dalle opposte valenze: metafora della parte più meschina dell'uomo, del suo abbrutimento e della sua grettezza, ma anche - nella sua tonda lucentezza - metafora di perfezione e di purezza.

Ineguagliabili nell'illustrare la capacità evocativa di una moneta d'oro sono le pagine che Herman Melville dedica al doblone dell'Ecuador che il capitano Achab, nella sua maniacale caccia a Moby Dick, ha inchiodato all'albero maestro del Pequod. Premio promesso a chi per primo avvisterà la Balena Bianca e, pertanto, "riposto e consacrato per un fine pauroso", la moneta viene venerata da tutti i marinai della nave come il "talismano della Balena Bianca". This round gold is but the image of the rounder globe, esclama Achab dinanzi alla moneta: il doblone, dunque, è immagine del mondo e, "simile al vetro del mago, non fa altro che rispecchiare a ciascuno il suo io misterioso", così che tutti coloro che l'osservano e interpretano le immagini che reca impresse (le vette delle Ande, il Sole, lo zodiaco), guardano in realtà dentro se stessi.

"Questa moneta mi parla con saggezza, dolcezza e verità, eppure mi riesce ancora triste" (Starbuck).
"Guarda, Doblone, questo tuo Zodiaco è la vita dell'uomo in un solo capitolo" (Stubb)
"Oh, l'oro! L'oro prezioso, prezioso!" (Capitano Achab)

Melville's Doubloon and the Shield of Achilles, di Daniel H. Garrison, in Nineteenth-Century Fiction, Vol. 26, No. 2. (Sep., 1971), pp. 171-184 (per gentile concessione)

clicca sull'immagine per ingrandire